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ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA ITALIANA
" La Cucina nell'Unità d'Italia dalla Sabauda alla Nazionale"
 a Torino dal 25-26 Marzo 2011
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Torino,26 Marzo 2001 - S.2379
ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA ITALIANA
" La Cucina nell'Unità d'Italia dalla Sabauda alla Nazionale"
 a Torino dal 25-26 Marzo 2011

Perché l'Accademia
Non fu scelto a caso il nome Accademia, quando uomini sensibili ad ogni forma elevata di cultura, decisero di fondare l'Accademia Italiana della Cucina per rispondere al grido di dolore - "La cucina italiana muore!" - che Orio Vergani, negli anni '50, aveva lanciato a proposito della civiltà della tavola. Percepirono immediatamente che proprio ad essi - rappresentanti dell'"intelligentia" italiana dell'epoca - spettava il compito, quasi un obbligo morale, di agire immediatamente in favore della salvaguardia di un patrimonio culturale importantissimo: quello del costume gastronomico italiano, che portava e porta con sé la storia, la tradizione, le nuove tendenze, l'identità di un popolo.
Impegno e ricerca a tutela delle tradizioni della cucina italiana

L'Accademia Italiana della Cucina è nata - naturalmente a tavola, come accade spesso per le cose importanti - quando un gruppo di amici, riuniti a cena il 29 luglio del 1953, ascoltarono e condivisero l'idea che Orio Vergani perseguiva da tempo: quella di fondare un'Accademia col compito di salvaguardare, insieme alle tradizioni della cucina italiana, la cultura della civiltà della tavola, espressione viva e attiva dell'intero Paese.
I personaggi raccolti attorno ad una tavola dell'hotel Diana di Milano - qualificati esponenti della cultura, dell'industria e del giornalismo - credevano tutti che la cucina non fosse cosa di poco conto, ma degna delle migliori cure da parte di ogni uomo intelligente e colto.

Un patrimonio culturale

La cucina è infatti una delle espressioni più profonde della cultura di un Paese: è il frutto della storia e della vita dei suoi abitanti, diversa da regione a regione, da città a città, da villaggio a villaggio.
La cucina racconta chi siamo, riscopre le nostre radici, si evolve con noi, ci rappresenta al di là dei confini. La cultura della cucina è anche una delle forme espressive dell'ambiente che ci circonda, insieme al paesaggio, all'arte, a tutto ciò che crea partecipazione della persona in un contesto. È cultura attiva, frutto della tradizione e dell'innovazione e, per questo, da salvaguardare e da tramandare.
Civiltà della tavola vuol dire prima di tutto civiltà e cioè l'insieme di usi e costumi, di stili di vita, di consuetudini e di tradizioni degli uomini che li condividono. E civiltà del gusto, di quel senso preposto al piacere della tavola - quel gusto capace di affinarsi, di perfezionarsi, di riscoprire sapori perduti e di tentare il palato anche con il nuovo - vuol dire l'insieme dei valori che anche attraverso la tavola un popolo si tramanda, rinnovandoli continuamente, e che ne costituiscono l'identità culturale. Salvaguardare il gusto, quindi, diventa un elemento essenziale per la difesa non solo della civiltà della tavola, ma dell'identità stessa di un popolo.

Chi è l'Accademico
Innanzitutto è una persona di gusto, anzi di buon gusto, profondamente sensibile ai valori storici e culturali della cucina e della tavola italiane. Ha una preparazione gastronomica che si è costruito attraverso la propria esperienza, l'amore per le proprie radici, la partecipazione, l'approfondimento, la curiosità per le differenti tradizioni. La sua spiccata educazione gustativa gli consente di apprezzare e praticare le regole che rendono piacevole la tavola. L'ammissione all'Accademia è subordinata ad un periodo di preventiva frequentazione; è preclusa, per ovvi motivi, a quanti abbiano diretto interesse professionale nella ristorazione e avviene per cooptazione. È deliberata, su proposta del Delegato competente per territorio, dal Presidente dell'Accademia, dopo un attento vaglio dei requisiti morali e personali del candidato. Si deve all'eccezionale qualificazione degli Accademici, proprio perché assicurata da una approfondita e attenta scelta partecipativa, il prestigio che, in oltre 50 anni di vita, l'Accademia ha potuto acquisire in Italia e all'estero.
Il Decalogo

Si è Accademico sempre, 24 ore su 24, il che vuol dire che il rispetto dei principi sui quali si basa la filosofia dell'Accademia ne ispirerà la vita, il comportamento, l'attività tutta, nel pubblico e nel privato.

L'Accademico ama la cultura in genere e quella della civiltà della tavola in particolare e di essa si nutre, studiando, ricercando, partecipando alla vita culturale dell'Accademia con proposte, idee, iniziative.

L'Accademico è persona di gusto, oltre che di buon gusto. Egli lo coltiva, lo affina, lo esalta, lo difende e lo diffonde, ne fa oggetto di testimonianza presso le nuove generazioni.

La forza della tradizione è, per l'Accademico, conoscenza approfondita delle radici della propria cultura gastronomica, ma anche consapevolezza del suo divenire. È per questo che egli si pone, nei confronti dei valori tradizionali della civiltà della tavola, non come di fronte ad un'entità immutabile, ma ne sa cogliere gli sviluppi, le nuove esperienze, le intuizioni innovative.

Un Accademico non è uguale all'altro. Egli rifugge dall'omologazione di giudizio, di preferenze, di desideri, perché proprio così può dare un contributo personale e costruttivo all'attività dell'Accademia. L'Accademico è capace di riannodare i fili della propria personalissima esperienza, dei sapori apprezzati nell'infanzia e recepiti nella propria memoria, di ogni elemento vitale della propria esistenza, del frutto della propria fantasia e creatività, delle usanze e delle tradizioni locali della propria terra. I valori individuali, la propria ricchezza interiore vengono messi dall'Accademico a disposizione per l'arricchimento di tutti.

L'Accademico ha una preparazione gastronomica che si è costruito attraverso la propria esperienza, l'amore per le proprie radici, la partecipazione, l'approfondimento, la curiosità per le differenti tradizioni. La sua spiccata educazione gustativa gli consente di apprezzare e praticare le regole che rendono piacevole la tavola.

Il Simposiarcato è un preciso dovere dell'Accademico che deve essere quindi disponibile a questa incombenza, manifestando al Delegato le proprie proposte e iniziative. Il Simposio, punto focale della vita accademica, va preparato con molta attenzione e in armonia con i dettami accademici, sia nel pranzo di prova, importante premessa per l'impostazione di un menu accademico, sia nella riunione conviviale vera e propria.

È dovere dell'Accademico svolgere un'attività continua di sensibilizzazione e divulgazione degli obiettivi che si prefigge l'Accademia, presso l'opinione pubblica e gli organismi in grado di sostenere tali obiettivi.

L'Accademico è disponibile ad un'opera sollecita di educazione al gusto e di sensibilizzazione ai valori culturali della civiltà della tavola presso le nuove generazioni, in quanto consapevole della necessità di non disperdere un patrimonio culturale e civile fondamentale.

Sono propri dell'Accademico quei requisiti morali e di comportamento che ne improntano, in ogni occasione, l'attività. Il rigoroso rispetto degli impegni presi, la presenza alle riunioni e agli incontri conviviali, la puntualità, la cortesia, la disponibilità, la testimonianza di civiltà sono le doti imprescindibili di ogni Accademico.
Un'istituzione culturale
L'Accademia si ritiene, a giusto titolo, l'alfiere della Civiltà della Tavola, unica istituzione intenta, da più di cinquant'anni, a propugnare la preminenza della cultura gastronomica sull'avvilente commercializzazione del cibo e su ogni forma d'ignoranza alimentare, attraverso un'intensa attività culturale condotta e realizzata con grande spirito di servizio, disinteressato ed impegnativo. Questo lungo cammino, percorso in totale autonomia, incurante delle lusinghe e delle sollecitazioni esterne, ha fatto sì che l'Accademia conservasse intatta la propria origine culturale, espressa dai suoi Fondatori, che erano personalità di primo piano nella cultura italiana del tempo.
Nel 2003, il Ministero per le Attività e i Beni culturali ha riconosciuto i meriti culturali, ampiamente documentati, dell'Accademia, conferendole il titolo di "Istituzione culturale", ponendola, quindi, tra le più grandi ed importanti realtà culturali italiane, portatrici di esperienza e di saggezza in molti campi della cultura.

L'unica Associazione gastronomica italiana presente in tutto il mondo

Ecco perché è nata l'Accademia Italiana della Cucina, la cui attività istituzionale, autofinanziata, si svolge senza scopi di lucro, con assoluta indipendenza di giudizio e su basi volontaristiche.
Perché salvaguardare i valori della cucina italiana - quella familiare, quella nata dalla storia di ogni piccolo comune dove, con i prodotti propri del territorio ognuno ha elaborato la sua particolare ricetta, ha interpretato a suo modo gli ingredienti di cui disponeva, contribuendo tuttavia a costruire una tessera di quel più vasto mosaico che è la cultura gastronomica di un popolo - equivale a salvaguardare anche un patrimonio più ampio: quello della storia, della cultura e del costume d'Italia. E non si tratta solo di preservare antiche tradizioni, ma di seguirne e tutelarne l'evoluzione e la divulgazione, presso gli uomini colti e amanti della cucina. Preservare questo patrimonio è giusto ed importante quanto preservare un'opera d'arte, un monumento, un documento storico.

Un servizio sociale per le nuove generazioni

Da oltre cinquant'anni, l'Accademia, organizzata in Delegazioni territoriali - ad oggi 212 in Italia e 75 all'estero, con oltre 7.500 associati - lavora intensamente alla valorizzazione, alla ricerca e all'ampliamento della conoscenza della cultura gastronomica italiana. Per consegnare alle nuove generazioni un patrimonio culturale, che oltre ad essere espressione delle origini della propria terra, è arricchimento personale, ricerca della qualità, conoscenza della storia, della formazione della cucina locale, dei suoi contatti e contaminazioni con altre culture, della selezione, della scelta dei prodotti tipici di ogni regione, paese, villaggio.
Scoprire o riscoprire la cultura della convivialità, anche in casa propria, con gli amici; acquisire o rinnovare la consapevolezza di trovarsi alla stessa tavola, uniti dalla partecipazione a quella che potrebbe definirsi una celebrazione comune - quasi un ripercorrere il significato spirituale del rito della mensa, dove lo stare insieme ha anche una funzione di reciproco sostegno, di solidarietà espressa nel gesto dell'offrire - è anche un modo di valorizzare se stessi, un valido principio educativo da non disperdere.
Ma le nuove generazioni sono pronte ad accogliere il principio che l'identità gastronomica sia anche identità culturale, oppure è già iniziato un pericoloso processo di omologazione?
Ecco un altro obiettivo che si propone l'Accademia Italiana della Cucina e per il quale alacremente lavora: quello di proporre alle nuove generazioni la tradizione come concetto positivo, frutto di migliaia di innovazioni, intesa cioè anche come capacità di rinnovarsi, giorno dopo giorno, nelle forme e nelle sostanze, ma capace di mantenere saldi i principi della genuinità, della cura e della ricerca dei prodotti della nostra terra, della capacità tutta italiana di metterli insieme.
E la tradizione, come la intende l'Accademia, consente naturalmente anche lo scambio con culture di altri popoli, ma senza omologazione, anzi esaltando il ruolo guida della cucina italiana nel mondo.



Gli obiettivi fondamentali intorno ai quali si muove l'attività dell'Accademia - salvaguardare la cultura e la civiltà della tavola del nostro Paese, promuoverne e favorirne la conoscenza in Italia e all'estero, sottolineare la forza della tradizione, intesa come elemento dinamico - sono obiettivi sempre in movimento. Impossibile bloccarli nel tempo o nello spazio. Perché l'ambiente naturale e culturale cambia, perché il costume evolve, perché le nuove generazioni si susseguono, perché la cucina sperimenta sempre, perché i confini si estendono.
Il compito dell'Accademia è quindi anche quello di gestire l'evoluzione nel rispetto della tradizione ed è un compito che richiede un'attività continua, un ampliamento continuo dei campi di azione, un'incessante ricerca di ragionati e consapevoli consensi, una diffusione capillare sul territorio nazionale e nel mondo.
Fino ad oggi l'intenso e qualificato impegno dell'Accademia ha fatto sì che gli organi d'informazione e l'opinione pubblica siano diventati via via sempre più sensibili ai temi legati alla salvaguardia dei valori della civiltà della tavola italiana e di quel patrimonio di storia, cultura e costume, che si è formato nel tempo in ogni parte d'Italia, anche per merito di una specifica filosofia del gusto.
Esplorare e sottolineare le continue opportunità offerte dalla frequentazione assidua della cultura gastronomica - quasi sia essa stessa cibo per il corpo e per la mente - si traduce per l'Accademia in una presenza costante all'organizzazione di eventi culturali e conviviali che siano da stimolo a studiosi, Accademici, autorità e ristoratori per diffondere, approfondire, studiare, elaborare, migliorare sempre il valore della qualità della conoscenza, della tradizione, dell'innovazione e dell'educazione gastronomica presso le generazioni presenti e a venire.

L'articolo 2 dello Statuto

L'attività dell'Accademia si esprime su più versanti. L'articolo 2 dello Statuto ne precisa gli indirizzi principali, ispiratori delle innumerevoli iniziative che l'Accademia intraprende, coordina, sollecita, promuove non solo al suo interno ma soprattutto con una visuale che spazia a 360°. L'Accademia, infatti, per il conseguimento dei suoi obiettivi:
a) studia i problemi della gastronomia e della tavola italiana, formula proposte, dà pareri in materia su richiesta di pubblici uffici, di enti, di associazioni e di istituzioni pubbliche e private, ed opera affinché siano promosse iniziative idonee a favorire la migliore conoscenza dei valori tradizionali della cucina italiana;
b) promuove e favorisce tutte quelle iniziative che, dirette alla ricerca storica e alla sua divulgazione, possono contribuire a valorizzare la cucina nazionale in Italia e all’estero anche come espressione di costume, di civiltà, di cultura e di scienza;
c) promuove e favorisce la conoscenza presso la pubblica opinione di quegli esercizi che offrono una seria garanzia del rispetto e dell’osservanza della tradizionale e caratteristica cucina nazionale, regionale e locale;
d) istituisce e conferisce riconoscimenti a chi opera per il raggiungimento degli scopi istituzionali.


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