AL VIA IL 
					CONGRESSO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI NEONATOLOGIA
					Le nuove 
					carte antropometriche dei neonati italiani, il ruolo sempre 
					più importante dei genitori
					
					nell’assistenza ai neonati ricoverati nelle terapie 
					intensive, i nuovi e vecchi problemi posti
					
					dall’assistenza ai figli dei migranti, l’importanza di un 
					network che aiuti a monitorare e migliorare
					la 
					qualità delle cure, il contributo degli infermieri: questi 
					alcuni dei temi che affronteranno gli oltre
					mille 
					specialisti riuniti per 4 giorni a Torino
					Nuove 
					“misure” per i neonati italiani: al congresso della Società 
					Italiana di Neonatologia che si
					inaugura 
					oggi a Torino verranno presentate le nuove carte 
					antropometriche neonatali italiane, frutto
					di uno 
					studio policentrico promosso dalla SIN e che ha coinvolto 34 
					centri distribuiti su tutto il
					
					territorio nazionale. Grazie a queste nuove carte sarà 
					possibile valutare in modo aggiornato e
					
					appropriato la crescita dei neonati italiani. “Lo studio ha 
					consentito fra l’altro di mettere in evidenza
					come 
					negli ultimi 20 anni i neonati italiani abbiano presentato 
					una serie di cambiamenti, quale una
					
					diminuzione delle alterazioni in eccesso o in difetto della 
					crescita nei nati a termine – spiega il
					professor 
					Claudio Fabris, Direttore dell’U.O di Neonatologia 
					Universitaria dell’Azienda
					
					Ospedaliera OIRM S. Anna di Torino, Presidente SIN e del 
					congresso -. Si tratta di cambiamenti in
					buona 
					parte dovuti alla migliorata gestione della gravidanza da 
					parte degli ostetrici e alla sempre
					più 
					stretta collaborazione fra ostetrici e neonatologi”.
					Il 
					congresso di Torino, che vedrà riuniti fino al 16 maggio 
					oltre mille neonatologi italiani e stranieri,
					ripropone 
					all’attualità anche problemi che si pensavano dimenticati, 
					come la malattia da
					
					immunizzazione Rh. Si tratta di una delle conseguenze dei 
					fenomeni di migrazione che hanno fatto
					sì che 
					ormai nel nostro Paese, a seconda delle aree, fra il 10 e il 
					20% dei bambini nati siano di figli
					di 
					migranti. “In Italia la profilassi della malattia da 
					immunizzazione Rh si fa dal 1969: ormai per
					noi si 
					trattava di un problema sepolto – ricorda il neonatologo -. 
					Adesso purtroppo abbiamo una
					
					popolazione che nelle terre dì origine ha avuto un aborto o 
					una gravidanza e non è stata profilassata
					e ciò fa 
					riemergere il problema”. Ma si tratta solo della punta 
					dell’iceberg: “Se nelle maternità il
					rapporto 
					fra figli di migranti e di italiani è quasi di uno su 
					cinque, nelle terapie intensive, dove sono
					
					ricoverati i bambini che hanno problemi, il rapporto è di 
					uno su tre – prosegue l’esperto -. Ciò
					significa 
					che in questa popolazione c’è moltissimo da fare in termini 
					di assistenza, a partire dalla
					
					gravidanza: meglio la donna è seguita e assistita in questa 
					fase e minori sono i problemi. Basti
					pensare 
					al problema delle infezioni in gravidanza, una causa 
					importante di parto pretermine”.
					Ciò si 
					collega a un discorso più generale di qualità 
					dell’assistenza in neonatologia che in Italia è
					
					sicuramente a livelli molto buoni. Per cercare di 
					migliorarli ulteriormente la SIN ha promosso la
					creazione 
					di un network neonatale italiano, affiliato al 
					Vermont-Oxford Network. Il network è nato
					nel 2005 
					grazie all’impegno di un primo gruppo di 13 centri. “Ora 
					siamo già più di 50 – puntualizza
					il 
					presidente SIN -. In pratica i reparti di terapia intensiva 
					neonatale che aderiscono al network
					inviano 
					tutti i dati relativi alla loro attività. In questo modo è 
					possibile avere una fotografia della
					qualità 
					delle cure nel nostro Paese e fare un confronto con le 
					esperienze internazionali”.
					Un 
					contributo alla migliore qualità delle cure viene anche 
					dalla strettissima integrazione dell’attività
					di medici 
					e infermieri all’interno delle neonatologie. Non è un caso 
					se, già a partire dall’edizione
					dello 
					scorso anno, il congresso SIN è aperto anche agli infermieri 
					delle neonatologie. “E non solo
					agli 
					infermieri, ma anche ai genitori – ribadisce Fabris -, 
					perché è estremamente importante la
					
					realizzazione di un’alleanza terapeutica proprio fra medici, 
					infermieri e genitori, soprattutto nel caso
					dei 
					neonati pretermine ricoverati in terapia intensiva neonatale. 
					Con la progressiva apertura delle
					UTIN ai 
					genitori 24 ore su 24 si favorisce il loro coinvolgimento 
					nell’assistenza dei neonati: non
					c’è 
					veicolo migliore di un genitore per seguire come sta il 
					bambino. Questo approccio consente